Vi racconto la storia di Hanwi.
E’ un tamburo piccolo, dal suono profondo, vibrante della stessa frequenza del sole, della luna, delle stelle, del nostro cuore e di quello di Madre Terra. Fino a qualche giorno fa non esisteva, ma un desiderio lo preannunciava:
“Voglio un tamburo da portare con me su per le creste dei monti, nei boschi, sulle rive dei laghi o in riva al mare. Voglio che quando comincia a vibrare, il suo suono, attraverso il cuore di chiunque lo ascolti – uomo, donna, uccello, pesce, ogni animale, montagne, sassi, alberi e torrenti – giunga fino all’intero Universo. Allora il sole, la luna …le stelle risponderanno, in una lingua che sapremo comprendere.”
Si. Un desiderio un po’ folle. La mente ha continuato a dirmi: “Difficile avere un tamburo con queste caratteristiche e allo stesso tempo che sia piccolo abbastanza da essere portato con lo zaino”.
Ma il mio cuore non ha mai smesso di desiderare solo perché la mente ama rendere sempre tutto più complesso.
Sono venuta a conoscenza dell’arrivo di Cecil Cross, presso gli Amici della Natura di Saviore dell’Adamello. Cecil è uno degli ultimi anziani del popolo Lakota tra i nativi americani. Un uomo molto saggio, giunto fino ai nostri confini europei per partecipare di un progetto straordinario quanto disarmante per la semplicità con cui lo si sta realizzando: Un Popolo aiuta un altro Popolo. Quest’anno i saggi della casa di Saviore, che giungono dall’estremo Est e Ovest del mondo, si riuniranno per portare con la loro presenza nuovi messaggi di pace e speranza fino in Bosnia. Qui le ferite della guerra sono ancora sanguinanti nelle anime di un popolo dove i bambini e i giovani hanno bisogno e il diritto di tornare a vivere oltre gli obbrobri della guerra. Con questa occasione il nostro caro “granfather” Cecil sarà ospite per quasi tutto il mese di giugno a Saviore, dove sono previsti molti eventi per consentire a tutti di vivere un momento di …riscoperta di ciò che in troppi hanno dimenticato.
Il giorno dopo il suo arrivo, sono schizzata su a Saviore nel desiderio di salutare Nonno Cecil, incapace di attendere gli eventi ufficiali.
Se hai letto fin qui, allora forse sei pronto ad ascoltare la storia di Hanwi, il tamburo che cura.
“Camminare la Via della Bellezza” è possibile. Viviamo un tempo in cui bisogna però esser pronti a guardare con coraggio lungo il sentiero, ciò che ci terrorizza, ciò che oltre l’ombra appartiene in ogni caso alla Via della Bellezza e che oggi più che mai richiede “Cura“.
Abbiamo chiacchierato a lungo, approfittando del silenzio delle montagne nel momento del giorno che va verso la notte. Ho chiesto dei giovani lakota e ho scoperto con tristezza che, così come per molti dei nostri giovani, anche loro sono annebbiati da alcol e droghe.
“Uno spirito nero, con un grande cappello a punta e un lungo mantello, ultimamente arriva e fa strage sempre più spesso. E’ il demone dell’alcol, si serve dell’alcol per possederci. Una volta mi è apparso e ci ha provato anche con me. Ma gli ho detto di tornarsene da dov’era venuto e che non mi interessava l’ebrezza che mi prometteva.”
Avevo anch’io da raccontargli di un immagine oscura, un demone o forse no, si trattava di un sogno, forse un incubo se non fosse per il fatto che non mi ha spaventata affatto. Avevo bisogno di essere aiutata a comprendere meglio le immagini della mia visione. Così come farebbe ogni saggio mi ha detto:
“ne parleremo in un cerchio di preghiera, stasera, insieme a tutti gli altri, al cospetto degli antenati che saranno con noi per sostenerci.”
Vivere pienamente il “qui e ora” significa fare esperienza di gratitudine, continua, profonda.
“Allora per chi bisogna costruire un tamburo?”
Ho avuto un sussulto nel cuore e ho osato chiedere, esprimere il mio desiderio.
“Vorrei un tamburo piccolino ma molto potente, da portare in giro per monti. Lo userò con le donne del cerchio della Quercia Madre e la nostra cura allora arriverà lontano.”
Mi ha sorriso. Siamo scesi in magazzino, piccolo anche lui, ma di quelli dove ti accorgi che ci vive una magia, data la capacità di darti esattamente ciò di cui hai bisogno al momento giusto, come il nulla quando non è il momento di avere un bel niente. Ho scelto una pelle di capra, tra quelle arrotolate e un cerchio di legno vecchio già decorato, di rosso: “Viene dall’India”. Il giorno dopo avremmo costruito il mio nuovo tamburo. Non ero più nella pelle. Si stava finalmente materializzando, grazie alla presenza e alle mani di Cecil.
Arriva la sera e con essa la celebrazione di preghiera promessa. Un cerchio, una candela per le quattro direzioni, il suono dei nostri tamburi accordato al respiro dei nostri cuori, i canti… Per ciascuno la possibilità di raccontare, di esprimere la propria preghiera, di essere pienamente sè stesso, sè stessa nella possibilità di concludere la propria preghiera con “Mitakuye Oyasin” (Tutto è connesso).
“Nel mio sogno, eravamo nei sotterranei di un museo dove venivano conservati i cimeli appartenuti agli antenati dell’umanità, di tutte le parti del mondo e da ogni tempo. Mentre proseguo mi accorgo di un ombra una presenza alle mie spalle, alla mia destra. Mi volto e vedo una figura in movimento molto molto alta, completamente ricoperta come da un mantello scuro (nero e marrone), dalla testa fino a terra dove il mantello finiva in una moltitudine di fili scuri eppure brillanti, in qualche modo anche luminosi. Gli ho chiesto – Chi sei? – Allora un buco, come un pozzo, si è aperto nella terra e ha risucchiato dentro di se quello strano mantello, scoprendo ciò che nascondeva. Il mio cuore si è inondato di compassione. Vedo per terra il corpo nudo di una donna. Prima mi è sembrata giovane poi avanti con gli anni, prima esile, poi in carne. Molte donne sembravano essere la stessa donna. Aveva il corpo martoriato da piaghe come se fosse passata su di lei l’esplosione di una bomba. Era quasi esanime. Aveva bisogno di urgenti cure. Ma mi accorgo di non essere in grado da sola. Ho bisogno dell’aiuto di qualcuno o morirà. Il museo sta per chiudere. No! Perché? – Perché non c’è nessuno a cui interessi questo museo. E’ tempo di chiudere – Ma non posso lasciare lì quella donna, quelle donne… Perfavore tenetelo aperto, ancora un po’.”
Cecil si riserva di attendere un messaggio dagli antenati, prima di esprimersi sulla mia visione, un messaggio che avrebbe ricevuto forse in sogno quella stessa notte, mentre mi accorgo che la risposta stava già arrivando da Italo, un saggio che vive ormai da tempo a Saviore, in questo caso tutto italiano: con mtamburi e canti e una cura spirituale, si stava andando verso la Bosnia, a costruire una nuova casa degli Amici della Natura, ma soprattutto a lenire terribili ferite di guerra. Lì dove sono rimasti a ricordare l’orrore soprattutto le donne e quei figli allora bambini. Ho compreso che da soli non si può fare molto, ma se ci si siede in cerchio e si uniscono gli intenti allora la cura diventa possibile, allora il miracolo è semplice scienza.
Un nuovo giorno, un nuovo sole… e finalmente il mio nuovo tamburo.
Osservo la tecnica cercando di imparare, ma finisco irrimediabimente atratta dalle mani rugose di Cecil, dalla loro abilità, dal suono delle poche parole che pronuncia mentre lavora al mio nuovo tamburo.
“Non ho ricevuto alcuna risposta questa notte dai miei antenati, circa la tua visione…”
Gli ho sorriso, mentre lui con lo sguardo un po’ greve continuava nel suo lavoro.
“La risposta me la stanno dando le tue mani, granfather Cecil. Non vedo l’ora sia pronto. In questo tamburo le voci di molti popoli vengono messe insieme. Guarda! Ha otto punte, come i raggi del Sole che vanno in tutte e otto le direzioni della terra. E guarda! Quel che resta di questa pelle, quello che sembra non servire più, quello che rimane nascosto e che pur non essendo più parte del tamburo visibile, ha partecipato della sua costruzione. Quel che resta è a forma di Luna.”
“Dal sole e dalla luna prenderà il nome. Ogni volta che saremo riunite in cerchio, la sua cura arriverà lontano, per lenire le ferite del corpo e dell’anima di molte donne. Lo farà con la dolcezza della luna che non si scandalizza difronte ad alcun orrore della notte, secondo i suoi ritmi più naturali di Vita-Morte-Vita. Poi spunterà il sole, ma fino ad allora molte donne saranno già guarite. Come si dice – Sole? e Luna? in lingua lakota“
“Wi è il Sole e Hanwi è la luna. Allora lo chiamerai Hanwi?”
Mentre la pelle si preparava ad esser lavorata non ho perso tempo, sono andata a cercare un rametto di frassino nel bosco e ho costruito il batacchio, prestando attenzione ai colori che meglio avrebbero rappresentato le tre fasi lunari e ad un tempo i quattro popoli della terra.
“Si! Si chiama Hanwi, il tamburo che cura.”
La Natura e la Vita sono stati molto generosi con me, quest’oggi. Osservo. Ascolto. I miei occhi “vedono” che è possibile “Camminare la Via della Bellezza“, mentre mi accorgo che qui a Saviore, in questi luoghi sacri da millenni, cresce ancora un fiore bellissimo, è fatto di tutti i colori dell’arcobaleno. In esso si congiungono profumi diversi ma come provenienti da un unica origine spirituale. Deve essere per questo che rappresentanti di religioni e culture così diverse, qui amano stare davvero insieme.
Madre Natura risponde al mio pensiero, dandogli forma come solo Lei sa fare, donandoci un altro splendido Arcobaleno. Questa volta così particolare. Poiché non attraversa il cielo da un orizzonte all’altro come suo solito, questa volta sembra venir giù come un fiume dai luoghi della Montagna del Re, la montagna dove fui chiamata un tempo che ora mi sembra già lontano. Viene giù colorato, come un ponte, come una scala che congiunge le cose della Terra a quelle del Cielo e viceversa, come se la stoffa colorata che un giorno poggiai sul braccio alzato della statua di Cristo, ai piedi del Re di Castello, fosse arrivata fin quaggiù a soddisfare il nostro bisogno di una sua benedizione di Pace.
Osservo, mi accorgo, ringrazio e dico all’Arcobaleno come ho imparato dall’Umbanda, che saluta il serpente arcobaleno dicendo: Aoboboi
Infine come ho imparato da Granfather Cecil dico:
Mitakuye Oyasin
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